La Riforma del terzo settore è una nuova sfida che richiede agli enti coinvolti di ridefinire se stessi sia dettando delle nuove regole, ma cambiando i paradigmi di intervento sociale. Il mantenimento e la crescita della dei servizi si baseranno su un nuovo modello economico accompagnati da adeguamenti statutari, analisi della governance, affiancamento nelle prospettive economiche di settore, caratteristiche delle nuove opportunità di finanziamento  dell'ente

Alle organizzazioni non profit, quindi, sarà necessario focalizzarsi su pro e contro desumibili dalla legislazione e dalla sua attuazione per orientarsi nello scegliere se diventare o no ETS.

Passiamo quindi ad isolare degli elementi anche non esaustivi dell’argomento che possano esser d’aiuti nel prendere delle decisioni.

PRO: Perché e a chi conviene diventare Ente di Terzo Settore e iscriversi al RUNTS.
  1. Agevolazioni: Si tratta soprattutto di agevolazioni fiscali in parte riferite all’ETS e in parte a chi intende sostenerlo. Senza considerare quelle sulle attività commerciali, si tratta soprattutto di riduzioni del carico fiscale per chi aiuta l’ente o a titolo contributivo (di donazione, vedi la defiscalizzazione delle erogazioni liberali o quella sul Social bonus) o a titolo di investimento (per le imprese sociali). Inoltre appaiono considerevoli anche quelle sulle imposte indirette minori (bollo, registro).
     
  2. Titoli di solidarietà: I titoli di solidarietà sono strumenti utili per il finanziamento di attività degli ETS e possono anche generare importanti donazioni da parte della banca che emette i titoli. Strumento innovativo, considerevole anche in caso di attività produttiva esercitata dall’ETS
     
  3. Assenza di scopo di lucro e commercialità: concetti separati: Finalmente si statuisce ciò che l’Agenzia delle entrate ha ripetuto più volte ma che la legislazione precedente mal digeriva: l’assenza di scopo di lucro nulla c’entra con eventuale esercizio di attività commerciale, anche quando questa risulti prevalente. Gli ETS si caratterizzano – tra l’altro – per il divieto di distribuzione degli utili e con questa norma si consente agli enti senza gli indugi del passato a esercitare attività commerciali, ovviamente pagando le relative imposte.
     
  4. Attività di interesse generale anche commerciali: Quelle che una volta si chiamavano “istituzionali” o tipiche ora hanno cambiato nome e si chiamano attività di interesse generale; ma il cambiamento maggiore è che possono essere realizzate “per corrispettivo” senza problemi.
     
  5. Attività diverse: Se lo statuto lo prevede, la norma consente l’esercizio di attività che nulla c’entrano con le attività di interesse generale chiamate attività diverse. La misura sarà definita da decreto di prossima uscita.
     
  6. Addio alle Onlus: Gli abbiamo voluto tanto bene ma se nel 1998 erano la novità, negli anni non gli è mai stato fatto il “tagliando” e con l’economia sociale che avanzava – un’economia anche di mercato – a fianco delle Onlus si doveva sempre più spesso costituire altro ente commerciale con problemi di duplicazioni di board, incompatibilità varie e altri mal di testa. La norma antica va in pensione, e forse anche una concezione antica del non profit.
     
  7. La seconda chance dell’impresa sociale: Per circa dieci anni l’impresa sociale è stato lo zimbello del non profit; solo doveri aggiuntivi e nessuna agevolazione. La nuova disciplina promette lo sviluppo di un comparto attraverso uno strumento abbastanza “appetibile” per imprenditori con strumenti analoghi a quelli che hanno fatto decollare le start-up.
CONTRO: Perché e a chi NON conviene diventare Ente di Terzo Settore e iscriversi al RUNTS.
  1. Sportive dilettantistiche: meglio aspettare. Per ragioni diverse, anche interne al mondo dello sport, le ASD mantengono intatte i copiosi riconoscimenti soprattutto fiscali. Se entrano negli ETS ne perdono alcuni molto rilevanti per la loro economia. Attendere è più saggio.
     
  2. Impresa sociale e cooperative sociali: l’altra faccia della medaglia. Queste due tipologie di enti (in ogni caso le cooperative sociali sono anche imprese sociali) rischiano di rimanere indietro nella corsa dell’imprenditoria sociale in quanto mentre si discuteva di loro è uscita un’agile norma sulle società benefit le quali comunque possono riconoscere ai propri shareholder gli utili prodotti, diversamente dall’impresa sociale che ha limiti considerevoli.
     
  3. Limbo infinito. L’ultimo atto legislativo (atto con forza di legge) è stato il Codice del terzo settore: luglio 2017. Gran parte dei decreti latita, il RUNTS è ancora un miraggio, della richiesta dell’autorizzazione alla Commissione europea non si sa nulla, si va avanti a suon di circolari e lettere direttoriali. L’incertezza politica – e non solo quella – ha frenato lo slancio e forse anche l’entusiasmo; c’è il rischio che affiori lo sconforto e la disillusione. Se hai bisogno di certezze, la Riforma non te ne dà moltissime, almeno finora.
     
  4. Autonomia statutaria: un miraggio. Uno dei principi dettati dalla legge delega era l’assicurazione dell’autonomia statutaria. Principio di fatto disatteso dalle molte prescrizioni della nuova legge, dalle interpretazioni del Ministero del lavoro e da quelle delle singole Regioni. Se speravi in un modo semplice di scrivere uno statuto e quindi